Sfruttamento del lavoro e responsabilità amministrativa degli Enti: alcune riflessioni a margine del caso Uber
Il Tribunale di Milano, Sezione Misure di Prevenzione, ha recentemente disposto l’amministrazione giudiziaria ai sensi dell’art. 34 del D. Lgs. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia) nei confronti di una nota azienda attiva nel food delivery per le condizioni di sfruttamento dei c.d. rider ingaggiati per la consegna di cibo a domicilio.
L’attuale vicenda giudiziaria, sul cui merito ovviamente si esprimerà la Magistratura, fornisce lo spunto per svolgere alcune riflessioni in tema di reato di intermediazione illecita e sfruttamento illecito del lavoro di cui all’art. 603 bis c.p., introdotto in una prima, per certi versi lacunosa, formulazione dal D.L. 13 agosto 2011 n. 138 (convertito nella L. 14 settembre 2011 n. 148) e successivamente modificata dalla L. 199/2016 che, in quell’occasione, ne ha sancito l’introduzione nell’alveo del catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti ex D. Lgs. 231/2001.
Come si vedrà, la riforma del 2016 ha in qualche modo cambiato il piano di applicazione della norma, trasformando un illecito sostanzialmente confinato nel settore primario in dinamiche da criminalità organizzata in reato teoricamente applicabile in contesti lavorativi più articolati.
Il recente provvedimento del Tribunale di Milano appare sicuramente interessante in relazione al tema dei rapporti tra società committente, non direttamente identificabile quale datore di lavoro dei soggetti in condizioni di sfruttamento spesso, peraltro, inquadrati come prestatori di lavoro autonomo o occasionali e società affidataria di una serie di servizi esternalizzati (trasporti, mensa, pulizie ecc. e, per l’appunto, i riders) che svolge, con i propri lavoratori in condizioni di sfruttamento, prestazioni a beneficio della committente, ma in formale autonomia dalla stessa, ciò che costituisce fenomeno diffusissimo nel quotidiano svolgimento dell’attività imprenditoriale.
È dunque lecito chiedersi se, e fino a che punto, possa estendersi la penale responsabilità anche alle società committenti che, oggi, possono essere soggetti incolpati ex D. Lgs. 231/2001, quantomeno sotto il profilo dell’omesso controllo e dell’esistenza di un deficit organizzativo, proprio per le modalitàillecite di gestione dei lavoratori da parte della società affidataria.