L’articolo degli avvocati Carlo Tremolada e Federica Bonomini su DirittoBancario
Può l’imprenditore che abbia fondato motivo di ritenere che taluno dei propri dipendenti abbia asportato e/o stia per sottrarre beni o merci dai magazzini dell’azienda installarvi strumenti di video sorveglianza per procurarsi la prova della condotta illecita di costoro, anche senza il previo accordo con le rappresentanze sindacali e/o l’autorizzazione dell’ispettorato del lavoro? La logica dovrebbe suggerire immediatamente una risposta affermativa: l’esigenza di tutelare il patrimonio aziendale di fronte al sospetto di illecite aggressioni da parte di dipendenti infedeli comporta la necessità di realizzare iniziative a sorpresa da parte del datore di lavoro, all’evidenza incompatibili con i tempi necessari a trovare l’intesa con le rappresentanze sindacali o ad ottenere l’autorizzazione dell’Ispettorato del Lavoro. Non sempre, purtroppo, la giurisprudenza ha fornito sul tema soluzioni in linea con la logica, ritenendo talvolta che anche in ipotesi (estreme) come questa il diritto alla privacy del lavoratore debba avere rilievo preminente e non possa soccombere di fronte alla pur legittima esigenza del datore di lavoro di tutelare il patrimonio aziendale da illecite aggressioni. Di qui talune (per la verità, isolate) pronunce, successive al c.d. “Jobs Act”, secondo le quali l’imprenditore che effettui videoriprese a fini difensivi (del patrimonio aziendale) nei locali dell’azienda in assenza del preventivo assenso sindacale non solo non potrà utilizzare le immagini captate per finalità probatorie nell’eventuale processo a carico del dipendente infedele, ma potrà essere financo sanzionato penalmente per la violazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Uno sguardo alle pronunce rese in materia dalla Corte di Cassazione nell’ultimo decennio documenta come il tema delle videoriprese all’interno dei locali dell’azienda per tutelare l’impresa da indebite aggressioni al proprio patrimonio da parte di dipendenti infedeli sia stato ampiamente dibattuto anche (e specie) sul fronte penalistico, e come la posizione assunta dal Giudice di legittimità non sia sempre stata lineare e priva di contraddizioni nel tentativo di fornire una soluzione al delicato bilanciamento tra il diritto alla riservatezza in capo al lavoratore e quello dell’imprenditore alla tutela dell’integrità del patrimonio societario.