CSM/ Sistema di voto, correnti, pm: gli effetti di una pessima riforma
Carlo Tremolada su Il Sussidiario
Tiene banco da alcune settimane la discussione attorno al recentissimo disegno di legge delega in materia di “eleggibilità, costituzione e funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura”, che nel prossimo autunno sarà oggetto di esame nelle aule parlamentari. Nelle intenzioni del ministro proponente (il Guardasigilli Bonafede) le nuove norme dovrebbero anzitutto modificare i meccanismi elettorali per la scelta dei componenti dell’organo di autogoverno, ponendo rimedio – così si sostiene – alle degenerazioni di quel sistema correntizio all’interno della magistratura delle quali tutti abbiamo potuto avere un saggio leggendo sui quotidiani brani e stralci delle conversazioni telefoniche e ambientali tra l’ex consigliere Palamara e la sterminata rete di insospettabili “amici” di quest’ultimo, a tal punto pervasiva da ipotizzare, al netto di inutili e insostenibili ipocrisie, che al predetto “sistema” ben pochi magistrati fossero estranei.
La riforma, peraltro, nasconde un’insidia ancor più grave di quella appena indicata. Nel testo a firma del ministro Bonafede sparisce infatti la norma che sino ad ora ha assicurato che tra i componenti del Csm il numero dei magistrati giudicanti sia almeno pari al doppio di quello dei magistrati requirenti (i pubblici ministeri), ed è sin troppo evidente che – eliminata simile barriera – il futuro Consiglio vedrà la netta prevalenza dei togati requirenti. I pubblici ministeri sono infatti i magistrati più esposti mediaticamente, quelli più visibili e quelli che incutono più timori per gli esorbitanti poteri di cui sono dotati, e saranno dunque tra i candidati quelli più votati (tanto più in un sistema che richiede maggioranze bulgare per superare la competizione elettorale). Il rischio, insomma – come osservato da uno dei più autorevoli studiosi contemporanei di diritto penale, il prof. Tullio Padovani – è quello di “consegnare l’organo di autogoverno alle Procure della Repubblica”, generando così un sistema giudiziario nel quale la progressione delle carriere dei magistrati giudicanti – affidata alle prerogative del Csm – sarà ancor più condizionata dal gradimento della categoria requirente.