La responsabilità penale degli amministratori privi di deleghe: luci e ombre su normativa e giurisprudenza
Nell’ambito del diritto penale d’impresa, quello della responsabilità degli amministratori senza delega è un tema che si presenta con costante frequenza ma con oscillazioni interpretative che ne rendono incerti i confini.
Ciò è sicuramente dovuto dall’esigenza di dover bilanciare la pretesa da parte dell’ordinamento di comportamenti doverosi collegati all’assunzione della carica formale con il riconoscimento fattuale di una situazione oggettivamente diversa rispetto a chi in concreto assume ruoli di gestione effettiva all’interno della società.
La fonte della responsabilità penale degli amministratori non operativi è sostanzialmente basata sulla figura del concorso commissivo mediante omissione, derivante dalla posizione di garanzia ex art. 40 cpv. c.p. che impone al destinatario del precetto l’obbligo giuridico di impedire la commissione di un reato.
Senonché, parlando di responsabilità di natura penale, il trasferimento di concetti e paradigmi comportamentali previsti ed esplicitati nell’ambito del diritto civile, ai quali la prassi applicativa deve necessariamente fare riferimento, non è, e non può essere, automatico.
Nonostante lo specifico punto sia stato oggetto di strutturali modifiche dalla riforma dei reati societari della legge n. 6/2003, gli avvocati che si occupano di criminalità white collar sanno che gli uffici di Procura appaiono non sempre disposti a dissociarsi del tutto da un’affermazione di responsabilità degli amministratori non operativi che non sia, in ultima analisi, di mera posizione. Se, infatti, da un lato non sono mancati gli interventi della Suprema Corte che, con riferimento ai consiglieri senza delega, hanno ribadito la necessità di una verifica della conoscenza effettiva o, comunque, della conoscibilità in concreto, degli illeciti dell’organo gestorio, e dunque la ricostruzione della rappresentazione e della volizione di concorrere nei reati commessi da altri, quanto meno nella forma del dolo eventuale – tema che già di per sé si presta a complesse riflessioni non sviluppabili compiutamente in questa sede – dall’altro va riscontrato che, nella prassi applicativa, non sempre, con riferimento al consigliere “semplice” l’imputazione penale fa lo sforzo di individuare quei comportamenti doverosi cui il consigliere di amministrazione avrebbe dovuto attenersi per non incorrere in responsabilità penale, limitandosi spesso a collettive contestazioni a titolo di concorso.